Il Teatro Comunale di Treviso presenta in un nuovo allestimento l'unico lavoro teatrale di Astor Piazzolla, dedicato alla figura immaginaria ed iconica di María de Buenos Aires, simbolo della metropoli porteña
Eccolo in scena per la prima volta al Teatro Comunale di Treviso “M. Del Monaco” il 23 novembre 2018, il piccolo capolavoro di Astor Piazzola María de Buenos Aires: creato nel 1967 per una trasmissione radiofonica, ma ben presto trasformato in “tango operita” approdata al Teatro Colón nel maggio 1968. Dunque, giusto 50 anni fa. I versi ridondanti, iperbolici e metaforici, a tratti surreali del poeta e drammaturgo Horacio Ferrer descrivono in 16 quadri suddivisi in due parti - prima e dopo la morte di Maria - il mondo cosmopolita e ricco di fermenti della capitale argentina, ponendo al centro la figura di Maria, ragazza inurbatasi dalla campagna ed avviata alla prostituzione, ma anche la variegata fauna umana dei tanti quartieri della sua città. Dopo la fine violenta, il suo spirito continua ad aleggiare in scena come un'ombra inquieta, che alla fine partorisce una bambina nella quale si reincarna – in un ciclo senza fine – l'immortale anima porteña.
Racconti di passione e gelosia, gente e storie del Rio della Plata
«Con il tango si raccontano storie d'amore, i drammi della gelosia, ma anche e soprattutto le tradizione degli antenati in gran parte immigrati, che arrivavano sul Rio della Plata dopo aver attraversato fortunosamente l'oceano. Si raccontano gli anni della povertà e della speranza, dell'oppressione di uno stato dittatoriale, della rinascita e dell'orgoglio nazionale. Nel tango c'è la storia, l'umanità di un popolo che non si arrende, e che (…) muore e rinasce da se stesso, proprio come María». Rubiamo le parole alla note di regia, perché descrivono benissimo lo spirito del libretto di Ferrer e delle musiche di Piazzolla: compositore vigoroso e creatore del linguaggio del nuevo tango, che ha genialmente riversato un popolare genere di danza – ma in Argentina tango è anche un verbo da declinare, un sentimento, una filosofia di vita – in un contesto musicale classico.
Musiche seducenti, spettacolo ammaliante
Piera Ravasio e l'argentino Martin Ruis - al quale spetta il merito delle fascinose coreografie - hanno costruito uno spettacolo energico ed ammaliante, pieno di fantasia, di colori, in cui la danza – affidata ad un dinamico e colorito gruppo di agguerriti tangueri argentini d'ambo i sessi– infonde senso compiuto ai racconti del narratore - El Duende, l'intenso Marco Ferraro - ed alle canzoni intonate con passione da Maria (il mezzosoprano Francesca Gerbasi) e sussurrate dal Cantor (il bravo tenore argentino Ruben Pelloni). Fanno da contorno le anime appassionate di una folla di personaggi, che ravvivano la scena in una inesausta girandola di canti, danze, parole, situazioni. Tutte affidate al bravissimo Coro Singin' di Pordenone. Molto efficaci le luci disegnate da Andrea Gritti.
La versione è quella originale, strumentata dal compositore argentino; a darne fiammeggiante e vibrante lettura troviamo il duttile Ensamble Strumentale Orpheus - il bandoneon ovviamente non manca, è in mano a Olimpia Greco – concertato e guidato con mano sapiente e raffinata souplesse da Eddi De Nadai.